Pensare lo si può fare ovunque. Ma c'è un posto in cui alle donne riesce meglio: davanti allo specchio. Riflettere guardandosi riflesse nello specchio è quasi un esercizio catartico, un cerchio che si chiude.
Mentre ci sfoltiamo le sopracciglia, mentre ci trucchiamo, mentre ci asciughiamo i capelli, guardiamo in faccia e parliamo con chi abbiamo di fronte, quasi non fossimo noi.
Parliamo, raccontiamo, discutiamo, ci incazziamo, ci commuoviamo con quella quella donna che ancora non ha indossato la sua maschera, la faccia che gli altri conoscono e che riconoscono come la nostra.
Guardandoci ci convinciamo che stiamo facendo la cosa giusta o, al contrario, realizziamo che stiamo prendendo una cantonata e faremmo meglio a sterzare; nel frattempo, "registriamo" che il sapone liquido per le mani va ricomprato, che forse potremmo provare la ricetta di quel dolce.
Guardandoci decidiamo come vestirci e che persone saremo in quel giorno: se ci perdoneremo o se continueremo ad arrovellarci, a tormentarci; se perdoneremo o se tormenteremo qualcun altro.
Guardandoci decidiamo come vestirci e che persone saremo in quel giorno: se ci perdoneremo o se continueremo ad arrovellarci, a tormentarci; se perdoneremo o se tormenteremo qualcun altro.
A volte la donna che guardiamo ci sembra forte, risoluta, e ne siamo fiere, altre, la guardiamo quasi tenerezza, come si fa come un'amica; a volte ci ispira pietà, altre orrore. A volte ci diciamo che stiamo proprio diventando quella persona che non avremmo mai voluto, che ci manca qualcosa (ma cosa?), che questa è l'ultima volta, che cambieremo, che lo faremo cambiare, che dobbiamo rifarlo, anzi no, che quello no, proprio non lo faremo mai, che siamo state brave, anzi pessime, che abbiamo detto la cosa giusta, che avremmo potuto dire ma siamo state zitte, che avremmo dovuto tacere, che ormai è andata, che vogliamo un figlio, che non lo vogliamo, che vogliamo più soldi, che dobbiamo dire più spesso "ti amo", che dobbiamo lasciare andare, qualcosa o peggio qualcuno. Che abbiamo le stesse rughe di nostra madre. E lo stesso sguardo disilluso.
Ma comunque ogni giorno ci presentiamo all'appello, di fronte a quello specchio, e a quella donna con cui fare i conti, con cui incazzarci, con cui congratularci, con cui sorridere. Con cui convivere.
Riflessivo
In linguistica, verbo r. (o forma r., uso r. di un verbo; assol., come s. m., usare il riflessivo), verbo transitivo in cui il soggetto dell’azione ne è anche l’oggetto, in cui cioè il soggetto compie e subisce insieme l’azione (funzione espressa diversamente nelle varie lingue: con elementi pronominali, come in ital. mi lavo, si loda; con la diatesi media della coniugazione, come in greco λούεται o in latino lavatur «si lava»); verbo r. reciproco, in cui l’azione si scambia tra due o più soggetti ognuno dei quali è anche oggetto rispetto all’altro o agli altri (per es., due amici che si amano come fratelli; tre sorelle che si odiano a morte); verbo r. intransitivo, lo stesso, ma meno esatto, che verbo intransitivo pronominale (v. intransitivo, n. 1 b); pronomi e aggettivi pronominali r., che riportano il risultato dell’azione sul soggetto stesso che la svolge (per es., in ital., sé o si, suo, sua, loro, ecc.: è uno che pensa solo a sé, ai fatti suoi). (Da Treccani.it)
Nessun commento:
Posta un commento